La nuova terapia VR aiuta i pazienti affetti da schizofrenia a riabilitarsi

New VR therapy helps schizophrenia patients rehabilitate

I ricercatori presso l’Università di Semmelweis a Budapest hanno utilizzato la realtà virtuale per aiutare il processo di riabilitazione dei pazienti affetti da schizofrenia.

Secondo l’OMS, la malattia colpisce circa 24 milioni di persone in tutto il mondo ed è associata a una considerevole disabilità, influenzando spesso tutti gli aspetti della vita come il funzionamento personale, sociale e lavorativo.

Gli scienziati hanno sviluppato un metodo terapeutico chiamato VR-ToMIS (abbreviazione di “Intervento basato sulla realtà virtuale nella teoria della mente nella schizofrenia”), che mira a migliorare le capacità di mentalizzazione (teoria della mente) del paziente, una componente fondamentale della cognizione umana e dell’interazione sociale.

“La teoria della mente è la nostra capacità di interpretare i sentimenti, i pensieri e i desideri degli altri. I pazienti schizofrenici tendono a decodificare queste informazioni in modo errato. Spesso faticano a capire l’ironia e le metafore, o fraintendono certi gesti. Il nostro metodo mira a migliorare queste abilità”, ha spiegato il dottor Lajos Simon, responsabile del gruppo di ricerca Reality and Emotion dell’università.

Come funziona?

VR-ToMIS, sviluppato utilizzando il software della startup britannica vTime, consiste in nove sessioni in totale. Inizia con una sessione introduttiva per familiarizzare i pazienti con la tecnologia e i concetti di base come la teoria della mente. Seguono poi otto sessioni di intervento della durata di 50 minuti ciascuna.

Nel primo passo, i pazienti indossano occhiali VR e si immergono in situazioni quotidiane che vanno da una passeggiata sulla spiaggia o un appuntamento al buio, a convivere con un coinquilino o incontrare un nuovo collega. In tutti gli scenari simulati, i pazienti interagiscono con un avatar controllato da un terapeuta. Per individuare deficit di mentalizzazione durante l’interazione, i terapeuti utilizzano molteplici strumenti linguistici, tra cui metafore, ironia, umorismo e frasi a doppio significato.

Una simulazione terapeutica. Crediti: vTime

Dopo la conclusione di questa simulazione, i pazienti partecipano a un secondo esercizio interattivo con un altro dispositivo VR innovativo, il controller a disco temporale. Viene mostrato loro un volto 3D su uno schermo e vengono chiesti di inferire le emozioni corrette che esso esprime muovendo un mouse intorno ad esso.

“Questa è un’attività molto utile perché i pazienti possono esprimere queste emozioni anche se non hanno il vocabolario per farlo a causa della loro malattia”, ha detto il dottor Edit Vass, assistente alla cattedra di Psichiatria e Psicoterapia e co-ideatore della terapia VR, a TNW.

Le due simulazioni sono seguite da una discussione analitica tra il terapeuta e il paziente. Questo processo identifica eventuali cambiamenti nel comportamento che sono necessari per aiutare il paziente a essere più adattivo alle situazioni praticate.

“Prima di suggerire di esercitarsi con queste tecniche comportamentali modificate come compiti a casa tra le sessioni, offriamo ai pazienti la possibilità di ripetere le simulazioni in modo che possano vedere come il cambiamento del loro comportamento può influenzare le loro emozioni e pensieri sulla situazione”, ha aggiunto Vass.

Lei ritiene che l’approccio “iterativo” complessivo della terapia contribuisca significativamente al suo successo.

Risultati promettenti

La fase di test del metodo VR-ToMIS si è conclusa nel 2022, coinvolgendo 43 pazienti. I ricercatori hanno osservato significativi miglioramenti sia nei sintomi cognitivi che in quelli negativi dei partecipanti. Questi includono pensiero coerente, deficit cognitivo sociale, teoria della mente, mancanza di emozioni, diminuzione delle espressioni facciali e apatia.

La dott.ssa Edit Vass con il visore VR. Crediti: Balint Barta/ Università di Semmelweis

Anche il feedback dei pazienti è stato molto positivo. Il 93,3% dei partecipanti ha trovato il metodo divertente e il 78% lo ha considerato una parte importante della propria riabilitazione.

Nel frattempo, il 77,3% ha cercato di applicare le abilità apprese in situazioni reali, e il 93,3% di loro ha riportato un miglioramento soggettivo delle proprie capacità comunicative, anche se non si sono esercitati molto. D’altra parte, il 26,7% dei pazienti ha trovato la parte dell’intervento con il controller a disco temporale una sfida, e il 13,4% l’ha considerata complicata.

Secondo Vass, un’altra parte cruciale del successo del metodo è stata l'”eccezionale tasso di adesione dei pazienti”.

“L’adesione è il più grande ostacolo al recupero nella schizofrenia”, ha detto a TNW. “Nella nostra terapia non ci sono state defezioni, quindi penso che la realtà virtuale possa avere un effetto motivazionale non specifico. Ovviamente, l’approccio del terapeuta può essere un altro fattore importante.”

Vass ha osservato che, sebbene uno studio diretto tra VR e motivazione non sia ancora supportato, “il principale contributo sarebbe dato dall’equilibrio tra l’atteggiamento empatico del terapeuta e il fatto che questa nuova tecnologia sia molto eccitante per i pazienti”.

L’Università Semmelweis ha già ottenuto il marchio industriale ungherese per VR-ToMIS, con piani per ottenere un marchio internazionale entro due anni. Il prossimo passo è addestrare professionisti nel campo all’uso del metodo, inizialmente in Ungheria.